Il momento dell'apertura della porta

Il momento dell’apertura della porta (foto Maria Carla Santini)

Il 26 dicembre 2015 è stata aperta dal vescovo di Civita Castellana, monsignor Romano Rossi, la Porta Santa del Santuario del Sorbo per il Giubileo della Misericordia indetto da papa Francesco. Quella che segue è la trascrizione – non revisionata e quindi ufficiosa – dell’omelia del vescovo Rossi (iniziativa compiuta volontariamente da alcuni parrocchiani).

Quando si è trattato di individuare i luoghi del Giubileo, i luoghi della misericordia, era necessario dare uno sguardo alla realtà della Diocesi e quindi anche ad una certa distribuzione territoriale significativa. Per questa zona nulla è più significativo di questo luogo. Immaginando un punto di convergenza per i popoli, in particolare di Campagnano e di Formello. Poi sono cominciate le varie aperture, in un succedersi di celebrazioni che hanno sorpreso e stupito, per una inattesa straordinaria partecipazione popolare.

Sono tante le volte in cui la Chiesa convoca i fedeli ed è stato necessario interrogarsi perché a Civita Castellana non si entrava in Cattedrale e la gente è dovuta uscire, andar via. Perchè a Bassano romano si è riempito un piazzale enorme. Giustamente si è pensato di dire la messa all’aperto: un piazzale enorme, migliaia di persone. Lo stesso si è ripetuto domenica pomeriggio a Castel Sant’Elia. La basilica di San Giuseppe non è grandissima, però c’era più gente fuori che dentro. E poi stamattina. Stamattina il sentimento prevalente è che allora esiste un popolo, un popolo in cammino, un popolo che sente. Mi sono chiesto perché? Perché questa attrazione così grande verso questa celebrazione e, come al solito, mi sono dato una risposta parziale; però che consiste nell’accettare un dato, nel registrare una situazione e nell’accogliere un simbolo.

L'ingresso nel Santuario del vescovo Rossi

L’ingresso nel Santuario (foto Luciano Usai/Happy Road tratta dal profilo pubblico su Facebook)

Perché tanto successo sulla gente, tanta attrazione – certo un termine poco evangelico – perché tanta attrazione sulla gente dell’apertura della Porta della Misericordia. Sicuramente perché la porta è qualcosa di concreto e di visibile. È qualcosa di suggestivo, che colpisce. E poi perché il tema della misericordia è facilmente, comprensibilmente, declinabile con le celebri opere di misericordia.

Allora mi sono chiesto: “La suggestione di un rito, la codificazione di comportamenti, è tutto questo che vuole la gente? Solo questo? Solo una porta da toccare, da baciare, da varcare, e solo delle regole – per quanto antichissime e sacrosante – da ricordare, forse anche da adempiere”. Io credo che qui ci sia davvero la valorizzazione o la banalizzazione della nostra fede. L’attrazione per alcuni segni concreti, mettiamoci sempre nei panni dei non credenti eh! Ascoltiamo sempre le ragioni di chi ha torto, secondo il nostro punto di vista. Io credo ci sia molto di più. Io credo che la misericordia sia-crei una specie di “operazione risucchio”, di attrazione. Misericordia: come se si trattasse d’immergersi in un mare di cui si sentiva una incredibile nostalgia. Perché misericordia è qualcosa di totalmente fuori dagli orizzonti e dal linguaggio del nostro popolo. La porta è per entrare. Le opere sono per esprimere, ma fra l’ingresso e i segni espressivi c’è di mezzo qualcosa. C’è di mezzo l’esperienza della Misericordia. E l’esperienza della Misericordia è possibile solo se è qualcosa di concreto, di reale, di vissuto!

Ora la prima domanda è questa. E questa è importante farsela in questo contesto di popolo. Questo non è un ritiro di intellettuali, non è una raccolta di anime belle, qui c’è un popolo, che è un popolo, se vogliamo, per certi versi, attaccato alla tradizione, ma per altri presto sul futuro! È un popolo connesso, è un popolo collegato col mondo, non è un mondo di sempliciotti, che accontenti con il luccichio natalizio, fra l’altro, di qualche mito occasionale. È un popolo che cerca un’esperienza ed ecco qui dove la Chiesa viene profondamente stimolata, viene profondamente provocata. Nel suo compito di serva e di educatrice, nel suo compito di leggere i segni dei tempi e dall’altra di – continuamente – purificare e orientare i desideri.

Noi non abbiamo soltanto da fornire un elenco di opere, per ottenerle nei tempi. Noi siamo custodi della Misericordia perché qui abita il Signore. E allora a piedi scalzi, taccia ogni creatura, e diamo spazio al Mistero dell’incontro. Perché la Misericordia non è un’indulgenza buttata, non è una beneficenza data da chi non sa che cosa farsene a chi pensa di averne estremo bisogno. La Misericordia è il Volto di Dio vivo. Dio è Misericordia e ricevere misericordia non vuol dire avere un alibi per stare alla larga, tanto ho avuto misericordia! Quanto è sentirsi suscitare dentro lo stupore per qualcuno che è e che non ti saresti mai aspettato fosse così splendido, ma soprattutto che è fico!

Il volto della Misericordia non può significare mai un totem da toccare, da baciare per avere un beneficio. È un volto da incrociare, è uno sguardo da cercare, è una presenza da individuare camminando come a tentoni: questa è la Fede! Altrimenti, lo capite, c’è troppa paura in giro, c’è troppa solitudine e allora c’è bisogno di attaccarsi a qualcosa. Dio non è quello a cui ci si attacca, Dio è quello a cui ci si abbandona, a cui ci si consegna!

Certo, naturalmente, qui è la sfida della Chiesa. La misericordia non è qualcosa da fare, è qualcosa che succede. Dio succede? Perdonatemi la stranezza della domanda. Ma è chiaro che in un momento come questo ci si può solo limitare a fare domande.

Il vescovo Rossi

Il vescovo Rossi (foto Claudio David)

Poi c’è un anno, e in quest’anno straordinario concordo di confratelli sacerdoti. La misericordia non è semplicemente legata ad aprire e chiudere le porte. E questo luogo non è solamente un punto di convegno oggi, io mi auguro sia per tutto l’anno. È stato privilegiato un posto in cui si assicura un confessore h24! E mi auguro che sia per tutto l’anno. Luogo dove il Dio vivente, il Dio del Sinai, il Dio del roveto ardente, il Dio di Elia, il Dio del Tabor, il Dio del Calvario possa “succedere”.

Una volta era di moda l’happening, un evento, l’avvenimento. A noi non serve che qualcuno mi dica tutto a posto, a noi ci serve sapere se la pienezza esiste ed è per noi ed è, se non raggiungibile, intuibile o comunque disponibile, offerta. O ci dobbiamo accontentare di sentirci dire “mangia e sta zitto” – è fin troppo. Noi non siamo destinati, creati per avere la tranquillità! Noi siamo stati creati per Dio!

Questo è l’anno della Misericordia! Esiste? Come si manifesta? Come si incontra? E questo lo dico in un tempo sospeso fra delle forme di ateismo/secolarismo che ha le sue ragioni nella razionalità, nella riflessione, nell’evidenza scientifica, nella razionalità strumentale e dall’altra parte, come riflesso opposto, nella superstizione nei miracolismi, nelle forme deviate di religiosità dove ci si illude che il surrogato sia comunque qualcosa che soddisfa noi. Abbiamo bisogno di cibo vero. L’anno della Misericordia, lo capite, non può essere incentrato sull’uomo. A noi non basta che ci venga detto: “Stai tranquillo”. Noi abbiamo bisogno di vedere, di sapere se è vivo, se esiste, se è amore, se è fedele. Poi può anche non parlare, poi può anche abbandonarci alle nostre sofferenze.

Anche Cristo in croce la avvertì questa solitudine, ma non questa assenza! Si sentiva solo, ma il Padre non era assente. E noi avvertiamo questo. Ritornerà la nostra esistenza drammatica, anzi, il persistere della convinzione drammatica della nostra assistenza sarà garanzia che nessuno è allontanato, che non c’è la droga di mezzo. Ma che l’esperienza, che forse non può essere di tutti i giorni, che forse non può essere sempre al massimo livello, che l’esperienza si fa memoria, si fa memoriale, e l’Eucarestia che ci sembra qui non può essere il sostituto della verità della sua presenza e dell’incontro con Lui, ma è il Sacramento.

Ma vi rendete conto, siamo nel 2015, tra poco nel 2016, noi stiamo andando verso un mondo dove o la fede risplende e recupera in pieno la dignità di una grande esperienza che non può essere imposta, che non può essere raccontata da venditori di pentole, per l’amor del cielo, o acquista lo spessore di un’esperienza mistica, affascinante e questo cammino di questo popolo qui non è per toccare la porta, è per toccare il petto di Cristo come Tommaso. Che sto a fare? Io me lo devo fare in maniera fisica, si parla degli occhi della fede, si parla dei sensi spirituali e qui, allora siii. Ma non può la fede perdere l’incarico, non avere più il santo orgoglio di portare la persona sulla soglia dell’incontro, e quella porta o è il segno di un approccio, di una prossimità, di una vicinanza, al centro del Mistero! Altrimenti diventa solo un’illusione….

Una Misericordia che succede, una Misericordia che s’incontra, una Misericordia che si riceve!

Il corteo si avvicina alla porta santa (foto Claudio David)

Il corteo si avvicina alla porta santa. Da sinistra: don Renzo Tanturli, parroco di Campagnano, seguito da don Marc Kantungeko, parroco di Formello, il vescovo Romano Rossi e il cardinal  Darío Castrillón Hoyos (foto Claudio David)

Ma ve la ricordate, e permettetemi di dirlo, la notte dell’Innominato? Io ho chiesto ai sacerdoti stranieri che ovviamente c’è stato chi mi ha riso dietro di leggere, se non la Divina Commedia, i Promessi Sposi, “Dio, Dio , Dio se lo vedessi! Se lo toccassi!” ma possibile che questo Dio, diceva l’Innominato dopo che Lucia gli aveva detto: “Dio perdona tante cose con opera di misericordia” solamente il popolino lo possa invocare e dal suo castello la mattina – ve lo ricordate – osservava i fedeli che al suono delle campane, nella valle, andavano a cercare il Cardinale Federico e quest’uomo era con il suo Dio, Dio, Dio se lo vedessi, se lo toccassi. Una volta che hai posto bene la domanda, una volta che la chiesta di aiutasse a porre la domanda poi la risposta è in discesa. E quando vedevo arrivare a misura di popolo, a flotte, questo popolo, mi veniva in menta questa mattina, anche per la mia incredulità, perché ognuno di noi ha continuamente bisogno, il Vescovo di ricevere dal suo popolo, la conferma di questa fede.

Ecco il Giubileo, carissimi. Ecco il Giubileo. Poi Misericordia si diventa, la scorciatoia io non l’accetto. Non l’accetterò MAI! Io non accetterò la misericordia del progressista, la misericordia è moderna, io non accetterò mai di gravare della legge della misericordia un fratello o una sorella, che non ha avuto la grazia della misericordia!

La grazia dell’incontro, solo se sei stato riempito da Dio puoi dare Misericordia, altrimenti diventa moralismo, diventa legge e magari la cultura dominante benevolmente ci permette di annunciare, visto che è in regola con il pensiero univo. No, No, No, No. La salvezza dell’uomo non sta nelle opere che compie, ma nella grazia che riceve, nel contatto che riceve, nella guarigione che sana il cuore!

A questo noi ci avviciniamo. Si punta in alto? La mia parola, voi nemmeno vi immaginatequanto, si rivolga ai miei confratelli preti. E nessuno dica: “Il Vescovo minimizza i poveri, il Vescovo invita i poveri a venire qui! A diventare ricchi!”. Perché la povertà più drammatica è la povertà di Dio, è la povertà di speranza, la povertà di fiducia. È quando non hai ragioni per benedire il giorno che sei nato e per cantare la mattina quando ti alzi. Qui c’è la radice! Da qui si parte! Qui siamo Chiesa! Altrimenti siamo un’altra cosa. Non potremmo accettare che il Giubileo diventi un momento per snaturare la realtà della Chiesa. La Chiesa è quella che vi porta con sé, poi il mondo ci dirà che Dio è invisibile, che Dio è dannoso, che voi in questa maniera, avvelenate le coscienze. Non preoccupatevi di come o di che cosa direte. Era scritto: “Non preoccupatevi, lo Spirito Santo vi dirà”. Come risponderete! Ma soprattutto lo Spirito Santo vi dirà quanto siete amati e graziati e questo, anche in momenti così difficili, vi basterà.